Autorizzazione paesaggistica postuma e sanatoria edilizia
Cassazione Penale, Sezione III, 14 giugno 2022, n. 23427
Eccettuate le limitate fattispecie previste dal comma 4 dell'art. 167 d.lgs. n. 42/2004, in presenza di un vincolo paesaggistico è precluso il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma previsto dall' art. 146, d.lgs. n. 42/2004. L'eventuale emissione dell'autorizzazione paesaggistica non produce alcun effetto estintivo dei reati né impedisce l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino.
La sanatoria degli interventi edilizi abusivi eseguiti in ambiti soggetti a vincolo paesaggistico è caratterizzata da una modalità di approccio duale ma non univoca.
Da un lato, si afferma, i procedimenti attivati con le istanze di autorizzazione paesaggistica e di sanatoria edilizia sono tra loro autonomi e indipendenti, attenendo l'uno alla compatibilità con il vincolo paesaggistico dell'opera abusiva, l'altro alla sua conformità alla disciplina urbanistico-edilizia, tanto che l'abuso potrebbe superare il vaglio della compatibilità paesaggistica, ma porsi in contrasto con una disposizione dello strumento urbanistico (T.A.R., Roma, Sez. II, 03/06/2021, n. 6562).
Dall'altro, si precisa, data la prevalenza della matrice paesaggistica su quella finalizzata al corretto ordinamento del territorio, la valutazione paesaggistica condiziona la positiva conclusione del procedimento di sanatoria edilizia, vero che l'autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
In ragione degli autonomi profili penali legati sia alla violazione della normativa paesaggistica che a quella edilizia, la Cassazione penale ha consolidato l'orientamento secondo il quale la circostanza del rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti di in cui essa è consentita, non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata, non consentendo l'illegittima sanatoria paesaggistica la sanatoria urbanistica ex art. 36 TUED (Cassazione penale , sez. III, 12/11/2020, n. 190).
La sentenza 14 giugno 2022, n. 23427, della Cassazione Penale, Sezione III, si colloca in questo solco, ribadendolo, ma va tenuta presente al di là della sua massimizzazione, poiché contiene più di una puntualizzazione interessante al di là dei profili squisitamente penali.
In particolare, i giudici della terza sezione penale hanno con tutta evidenza non condiviso il fatto che il Comune di Lucca abbia risposto alla richiesta di rilascio in sanatoria accogliendo la richiesta con prescrizioni, autorizzando così a posteriori non "l'opera edilizia come realizzata, bensì una futura e diversa opera edilizia", nel solco dell'ormai consolidato orientamento secondo il quale corollario della cd. doppia conformità dell'abuso alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, è che
il titolo in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti postulerebbe, in contrasto con l'art. 36 citato, non già la "doppia conformità" delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni. (T.A.R. Perugia, Sez. I, 31/01/2022, n.49)
Preclusione che, lo ricordiamo, era sconosciuta nella prassi della cd. sanatoria giurisprudenziale ante D.P.R. n. 380/2001, come non sussiste, per espressa previsione normativa, per le istanze di accertamento di compatibilità paesaggistica relative a interventi sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata (art. 17 D.P.R n. 37/2017)
1. Nel caso di violazione degli obblighi previsti dal presente decreto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 181 del Codice, si applica l’articolo 167 del Codice. In tali casi l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice, dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere.
In secondo luogo, i giudici penali si sono inseriti nel solco ampiamente consolidato a partire dalla circolare n. 33 del 26 giugno 2009 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (link), secondo cui la nozione di "volumetria", così come quella di “superfici utili”, deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica, vero che in questi casi "la rilevanza paesaggistica è direttamente assegnata dal legislatore ed è, conseguentemente, preclusa ogni valutazione in concreto in ordine all'effettivo pregiudizio dagli stessi arrecato rispetto al bene paesaggistico tutelato" (T.A.R. Milano, Sez. II, 15/02/2022, n.359).
Parallelamente, "La nozione di superficie e (o) volume utile va interpretata nel senso di qualsiasi opera edilizia calpestabile e (o) che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia" (T.A.R. Salerno, Sez. II, 02/10/2020, n.1286).
Argomenti per i quali si afferma che il divieto di sanatoria si applica anche ai volumi interrati, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche, così come - nel caso di specie - alla realizzazione di una strada che anzi costituisce, sotto il profilo paesaggistico, una superficie utile del tutto nuova.
Dissonanti, o forse semplicemente più puntuali rispetto alla assolutezza dell'assunto descritto, sono quelle decisioni che specificano come l'art. 167, d.lgs. n. 42 del 2004 ha riguardo, quale causa generale ostativa alla sanatoria, alle sole superfici utili, mentre le cd. superfici accessorie, sebbene determinanti un mutamento dello stato dei luoghi esterni, "non possono ritenersi automaticamente ostative all'autorizzazione postuma paesaggistica e per le stesse è necessario verificare la compatibilità con i valori paesaggistici espressi dall'area in cui l'intervento edilizio è stato realizzato" (T.A.R. Catania, Sez. II, 31/05/202, n. 1769), come nel caso di balconi, ballatoi o terrazze (Consiglio di Stato, Sez. VI , 26/04/2021, n. 3352).
Così come disallineato è Consiglio di Stato, sez. III, 26/04/2016, n. 1613 secondo il quale "non costituisce motivo ostativo al rilascio dell'autorizzazione paesistica postuma, che deve, dunque, considerarsi legittima, la realizzazione di box prefabbricati, essendo questi ultimi riconducibili alla nozione di volume tecnico" (contra T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 06/09/2018, n. 5410), introducendo una categoria edilizia, quella del volume tecnico, alla corte della compatibilità paesaggistica.
Ciò detto, se la sentenza n. 23427/2022 della Cassazione penale conferma l'ottica di lettura, tanto dei giudici penali che di quelli amministrativi, in ordine alla sanatoria paesaggistica e ai suoi rapporti con quella edilizia, sta di fatto che non può dimenticarsi come lo stesso legislatore la cui volontà viene interpretata alla luce di un aggettivo ("utili") indefinito per la sua parte, sia quello che attraverso la tecnica del rinvio ad altra definizione ha consentito di estendere la platea degli interventi che possono accedere alla compatbilità paesaggistica postuma in quanto rientranti nella nozione di manutenzione straordinaria secondo il TUED.
Nozione oggi però ben diversa da quella vigente all'epoca della introduzione della compatibilità paesaggistica per effetto del d.lgs. n. 157 del 2006, giusta la novella dell'art. 3 D.P.R. n. 380/2001 contenuta nell'art. 10, c. 1, lett. b), della l. n. 120/2020:
Testo in vigore dal 5.2.2003 al 20.8.2013 | Testo vigente |
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per: b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonche' per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unita' immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; |
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per: b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; |
D'altro canto, è proprio il rifiuto di attivare un meccanismo automatico di determinazione del contenuto per ogni altra categoria diversa dalla manutenzione ordinaria e da quella straordinaria che comporta il rischio di affidare all'evento giudiziario la valutazione di cosa sia superficie o volume rilevanti ai fini della compatibilità paesaggistica.
E' il caso di Cassazione penale, Sez. III, 28/11/2017, n. 16697, che, prescindendo dal carattere dell'utilità e, forse più correttamente, accedendo alla valutazione dell'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio, ha affermato che - nell'ipotesi di demolizione, anche integrale, di un fabbricato e realizzazione di un organismo edilizio in luogo del primo - occorre verificare se i lavori abbiano comportato un aumento sensibile sotto il profilo paesaggistico, stimando quella soglia nel trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, a settecentocinquanta metri cubi, ovvero a mille metri cubi in caso di nuova costruzione.
Trattandosi di materia con importanti riflessi nel diritto penale, una maggiore determinazione nella indiduazione di fattispecie ammesse alla compatibilità paesaggistica e, quindi, a fattispecie estintive, è certamente auspicabile.