Piani attuativi: gli oneri di urbanizzazione secondaria sono dovuti indipendentemente dall'edificazione.

2 dicembre 2018

Consiglio di Stato, sez. IV, 12 novembre 2018 n. 6339

Ringraziamo l'avv. Fabio Pellicani per la preziosa segnalazione.

 

Il caso

Nel 1984 i proprietari di un fondo edificabile in Comune di Cornaredo stipulano una convenzione per l'attuazione del relativo piano di lottizzazione.

La convenzione prevede che gli oneri di urbanizzazione secondaria debbano essere, a norma del'art. 6, ultimo comma, "comunque [...] versati" entro sei anni dalla firma.

Cedute le aree per le urbanizzazione primarie e secondaria, realizzate direttamente le opere di urbanizzazione primaria e edificati i fabbricati residenziali, restano inedificate le aree destinate ad insediamenti terziari e direzionali.

Nel 1996 il Comune di Cornaredo chiede il pagamento dell'intera quota residua degli oneri di urbanizzazione secondaria oltre interessi e nel 1998 emette ingiunzione di pagamento ai sensi dell'art. 2 testo unico 14 aprile 1910 n. 639.

Gli interessati, che nel frattempo hanno alienato i fondi di loro proprietà, impugnano l'ingiunzione davanti al TAR Lombardia sostenendo, nel merito:

  1. che per la parte rimasta inattuata il piano di lottizzazione sarebbe divenuto inefficace al decorso di un decennio dalla stipula della convenzione, e ciò in base alla normativa dettata per i piani particolareggiati (artt. 16 e 17 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150);
  2. che il piano di lottizzazione deve ritenersi comunque superato per effetto del mutamento di regime urbanistico delle aree rimaste inedificate, avendo la variante al PRG approvata nel 1993 mutato la destinazione dei mappali 201-202-203, da "zone per attrezzature collettive di iniziativa privata e per insediamenti terziari e direzionali" a "zone BT" destinate a "terziario di completamento", con possibilità di edificare su concessione singola; il che comproverebbe il riconoscimento, da parte del Comune, della sopravvenuta inefficacia del PL e, nel contempo, dell'adeguatezza dello stato di urbanizzazione delle aree realizzato con il PL medesimo.

Il ricorso viene assegnato alla seconda sezione del TAR Lombardia, Milano, e rubricato al numero n. 3551/98.

La sentenza di primo grado

Con sentenza n. 2061 del 20 ottobre 2006 il TAR Lombardia accoglie il ricorso ritenendo infondata la tesi del Comune secondo cui nel caso di specie

gli oneri di urbanizzazione secondaria sarebbero dovuti indipendentemente dalla concreta edificazione sicché la relativa obbligazione sarebbe sorta allo scadere dei sei anni dalla firma della convenzione.

Vero è infatti, affermano i giudici lombardi, che la previsione contenuta nell'art. 6 della convenzione - in base al quale gli oneri di urbanizzazione secondaria avrebbero dovuto "comunque" essere versati nel termine massimo di sei anni dalla data di stipula della convenzione" - non può essere dissociata dal disposto del primo comma, che, non diversamente da quanto stabilito per la quota di contributo correlata al costo di costruzione (art. 7), obbliga i lottizzanti al versamento degli oneri di urbanizzazione secondaria "all'atto delle singole concessioni edilizie".

Previsione in sintonia con il principio generale secondo cui il contributo di cui all'art. 3 della legge n. 10/1977:

  • non rappresenta il corrispettivo della concessione, ma la (obbligatoria) partecipazione agli esborsi che la collettività ha affrontato o deve affrontare in rapporto allo stato di urbanizzazione dell'area (Cass. SU 20.11.96);
  • va determinato con riferimento alla data di rilascio della concessione edilizia, che è il momento in cui sorge l'obbligazione contributiva (Cons. Stato,sez. V, 21.10.98 n. 1512, 6.12.99 n. 2056);

ma, soprattutto,

  • è strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di edificare, per cui non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo della concessione (Cons. Stato, sez. V, 23.6.03 n. 3714, rif. Cons. Stato, sez. V, 12.6.95 n. 894);
  • afferisce alla costruzione e non alla concessione (Cons. Stato, sez. V, 12.6.95 n. 894).

La sentenza di secondo grado

Il Comune non si arrende e impugna la decisione del TAR Lombardia.

Con sentenza n. 6339 del 12 novembre 2018 la sezione quarta del Consiglio di Stato ribalta la decisione di primo grado, ritenendo che proprio l'uso del termine ''comunque'' nell’art. 6 della convenzione

risulta essere indicativo di come l’obbligo di versare gli stessi oneri possa prescindere dalla concreta edificazione e sia collegato al prevalente profilo convenzionale.

Il nucleo dell'argomentazione del Consiglio di Stato è che:

  • l'impegno del privato in ordine alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria è sostitutivo, o quantomeno omologo, dell'azione urbanizzativa del territorio da parte della stessa amministrazione;
  • le attrezzature urbanistiche secondarie previste dal piano attuativo sono destinate al servizio anche e non solo degli insediamenti oggetto del piani di lottizzazione.
In questa ipotesi, le Amministrazioni comunali prevedono di realizzare direttamente alcune delle attrezzature urbanistiche secondarie occorrenti nella zona, destinate al servizio anche, ma non solo, degli insediamenti oggetto dei Piani di lottizzazione mediante una programmazione contenuta nei Piani Urbanistici Attuativi di iniziativa privata, strumenti urbanistici, come detto, equiparabili ai Piani Urbanistici Attuativi di iniziativa pubblica, i quali pertanto svolgono le funzioni di pianificazione omologhe a quelle del Comune.

D'altro canto, sottolineano i giudici di Palazzo Spada, se invece delle opere a scomputo fosse stato previsto il pagamento di oneri all'atto della stipulazione della convenzione o comunque entro un certo termine,

non si può sostenere che una restituzione sia dovuta oppure che l'omissione del previsto pagamento possa giustificarsi in relazione alla decisione dell'interessato di non realizzare parte degli insediamenti previsti dal Piano di lottizzazione.

Il concordato versamento degli oneri di urbanizzazione secondaria entro una certa data ha dunque lo scopo

di far acquisire al Comune certezza circa l'ottenimento, entro un ragionevole termine, del contributo alla realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria previste da uno strumento di programmazione urbanistica quale il Piano Urbanistico Attuativo di iniziativa privata, equiparabile ad un Piano Attuativo di iniziativa pubblica, cioè a un Piano Particolareggiato.

La conclusione del Consiglio di Stato è dunque che il principio generale secondo cui l’obbligo di contribuzione è correlato all’effettivo esercizio dello jus aedificandi non vale rispetto a casi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione

costituisce oggetto di un’obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta contrattualmente nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica (rectius: di una convenzione urbanistica) correlato alla pianificazione territoriale.

Il commento

La decisione in esame costituisce un elemento di sicuro interesse all'interno di una giurisprudenza che da tempo equipara titoli edilizi e piani attuativi ai fini degli esiti economici del mancato esercizio dello jus edificandi.

Solo con riferimento al TAR Lombardia, si pensi alla decisione n. 596 del 28 febbraio 2018, commentata in questo sito (link), secondo cui, nel caso in cui la convenzione sia scaduta e nessuna opera realizzata, l'AC è obbligata alla restituzione delle somme ricevute a titolo di oneri di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 2033 c.c., o comunque, dell'art. 2041 c.c. (così anche, tra le altre, T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 10 aprile 2018, n. 603).

In quest'ottica, la convenzione urbanistica svolge un ruolo non già di fonte dell’obbligo ma di regolazione dello stesso per quanto concerne il quantum ed il quomodo, così che - una volta escluso che la trasformazione del territorio possa attuarsi - il pagamento del contributo di costruzione diviene privo di causa giuridica.

Se questo approccio può essere, con i limiti propri di tutte le semplificazioni, essere definito "privatistico", "pubblicistico" è invece quello del Consiglio di Stato nella decisione esaminata, il quale muove da una assimilazione tout court di piani attuativi a piani particolareggiati.

Assimilazione non nuova, se solo si pensi alla decisione n. 6541 del 4 dicembre 2007 con cui il TAR Lombardia ha affermato la necessità che i piani attuativi relativi ad ambiti posti in aree vincolate siano preventivamente sottoposti alla competente Soprintendenza in forza dell'art. 16 della Legge Urbanistica, posto che piano attuativo e piano particolareggiato

condividono la stessa ratio e natura atteso che tali strumenti hanno la funzione [...] di regolamentare la gestione dell’attività di trasformazione del territorio.

L'elemento di novità della decisione sta nell'affermazione chiara secondo cui è anche attraverso i piani attuativi che le amministrazioni comunali prevedono di realizzare direttamente alcune delle attrezzature urbanistiche secondarie occorrenti nella zona,

destinate al servizio anche, ma non solo, degli insediamenti oggetto dei Piani di lottizzazione.

In quest'ottica va da sè che la previsione relativa alla realizzazione di ciò che costituisce urbanizzazione secondaria ai sensi dell'art. 4, c. 2, legge 29 settembre 1964, n. 847 (asili, scuole, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese ed altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie, aree verdi di quartiere) non può che essere collocato nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica, dove l'inadempimento del privato non può rimanere senza conseguenze, sostitutivo com'è dell'azione pubblica in termini di miglioramento della qualità della vita dei residenti.

Più in generale, la decisione si pone nell'alveo di quell'orientamento che riconosce alla convenzione di lottizzazione la natura di accordo endoprocedimentale di diritto pubblico (Cass. civ. Sez. V Sent., 22 giugno 2018, n. 16533), essendo indifferente ed anzi previsto dal legislatore che l'attuazione dello strumento urbanisticoavvenga attraverso forme di pianificazione di secondo livello la cui redazione può essere sia da parte pubblica (del Comune) sia, in via alternativa e sostitutiva, da parte di privati (Cons. Stato Sez. IV, 7 settembre 2018, n. 5276).

In conclusione.

Senza rinnegare tout court l'orientamento prevalente secondo cui i piani di lottizzazione, pur essendo assimilati sul piano funzionale ai piani particolareggiati di cui all'art. 16 della L. 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), hanno natura negoziale, ossia di accordi sostitutivi del provvedimento - con la conseguenza che le relative convenzioni e gli atti ad esse prodromici sono assoggettati alla disciplina dettata dall'art. 11 della L. 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. Stato Sez. IV,14 gennaio 2013, n. 159) - la sentenza n. 6339/2018 del Consiglio di Stato pone l'accento sul fatto che i piani attuativi costituiscono esercizio, pur in forma contrattata, dei poteri autoritativi di controllo dell'attività edilizia (Cass. civ. Sez. I Sent., 10 gennaio 2014, n. 364), così che non è in discussione la natura pubblicistica della relativa previsione urbanizzativa.

La mancata o incompleta realizzazione delle previsioni edificatorie è dunque indifferente al corretto adempimento della prestazione consistente nella realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria o nel loro equivalente monetario.

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 12 novembre 2018 n. 6339, è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.

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