Piani attuativi: scadenza del termine di efficacia e permanenza della destinazione di zona
Consiglio di Stato, Sez. II, 20 novembre 2020 n. 7253
Il Consiglio di Stato conferma l'indicazione giurisprudenziale secondo la quale allo scadere del termine di efficacia di un piano attuativo non soltanto ne sopravvivono gli allineamenti, le prescrizioni di ordine generale e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio, ma continua ad operare la destinazione di zona impressa dallo strumento urbanistico.
Su cortese segnalazione dell'avv. Umberto Pillitteri.
La fattispecie
Nel 2009 il Comune di Assisi rigetta - invocando l'art. 33, lett. d), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 - una domanda di condono edilizio sull'assunto della preesistenza di un vincolo di inedificabilità, previsto da un piano di lottizzazione autorizzato nel 1974 il quale destinava l'area a parcheggio pubblico.
Il proponente ricorre al TAR Umbria sostenendo l'infondatezza dell'assunto là dove postula il carattere permanente dei vincoli di inedificabilità assoluta, che, al contrario, non possono che avere carattere temporaneo ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1187 del 1968, oggi affiancato dall'articolo 9 del DPR n. 327 del 2001.
"1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità.
2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380".
La sentenza di primo grado
Con sentenza n. 426 del 16 agosto 2010 il T.A.R. Umbria, Perugia, Sezione I - premesso che la previsione dell'articolo 33 della legge n. 47 del 1985, laddove prevede l'impossibilità di condonare le opere abusive realizzate, dopo l'imposizione del vincolo, su aree caratterizzate da vincoli di c.d. inedificabilità assoluta, non può essere riportata ai soli vincoli posti a tutela
dell'ambiente o dei beni paesaggistici, ma si riferisce anche a vincoli di inedificabilità assoluta di natura urbanistica - rigetta il ricorso sulla scorta del seguente assunto:
- l'art. 17, comma 1, della legge urbanistica fondamentale (legge 17 agosto 1942, n. 1150) dispone che
"decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso";
- la norma, con riferimento ai piani particolareggiati di iniziativa pubblica, cui sono equiparati i piani di lottizzazione, tiene distinta la valenza urbanistica del piano attuativo dall'efficacia della convenzione;
- ciò comporta che
"con il decorso del termine di dieci anni diventano inefficaci le previsioni del piano di lottizzazione che non hanno avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la sua ulteriore esecuzione, salva la possibilità di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del piano attuativo, che per questa parte ha efficacia ultrattiva, in linea con il carattere di tendenziale stabilità di tutti i piani attuativi, cui si deve la concreta e dettagliata conformazione della proprietà privata".
La decisione del TAR Umbria è particolarmente interessante perchè fa chiarezza su un punto spesso non sempre sviluppato, ossia cosa intenda la norma quando afferma che il piano particolareggiato (o di lottizzazione) "diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione", ossia quando taluno dei lotti edificabili sia rimasto inedificato.
In tale ipotesi i proprietari di quei lotti non sono più tenuti ad eseguire le opere di urbanizzazione e non sono più assoggettati alle future espropriazioni: le destinazioni urbanistiche sopravvivono, pur venendo meno i vincoli in senso stretto.
Diverso è il caso in cui i privati lottizzanti abbiano sfruttato le potenzialità edificatorie loro attribuite, ma siano rimasti inadempienti rispetto agli obblighi assunti con la convenzione di lottizzazione: in questo caso vi è un puro e semplice inadempimento a riguardo delle obbligazioni corrispettive.
L'inadempimento di per sé non estingue le obbligazioni ma semmai comporta un aggravio di responsabilità, come nel caso dei danni da inadempimento.
Vero è che tali obbligazioni possono cadere in prescrizione, qualora l'inadempienza si protragga abbastanza a lungo e non siano compiuti atti interruttivi; ma ciò vale per le obbligazioni di fare e di dare, non per le destinazioni urbanistiche inerenti - sino a che non sopravvenga una diversa pianificazione urbanistica.
La sentenza di secondo grado
La sentenza del TAR Umbria viene appellata e il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7253 del 20 novembre 2020, respinge l'appello.
Ponendosi nel solco della giurisprudenza consolidatasi successivamente alla proposizione del ricorso, il Consiglio di Stato muove dall'assunto secondo cui
"decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso" (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 aprile 2020, n. 2224).
Ciò a significare che:
- le previsioni dello strumento attuativo comportano la conformazione della proprietà privata, con specificazione nel dettaglio delle regole di conformazione disposte dal piano regolatore generale, ai sensi dell’art. 869 del codice civile;
- le stesse previsioni rimangono efficaci a tempo indeterminato, nel senso che costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà delle aree incluse nel piano attuativo;
- il decorso del termine di dieci anni comporta l’inefficacia unicamente delle previsioni del piano attuativo che non abbiano avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la sua ulteriore esecuzione, salva la possibilità di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con quelle del piano attuativo (anche sugli allineamenti), aventi per questa parte efficacia ultrattiva.
In quest'ottica mentre le previsioni del piano regolatore rientrano in una prospettiva dinamica della utilizzazione dei suoli, le previsioni dello strumento attuativo hanno carattere di tendenziale stabilità, specificando nel dettaglio le modifiche consentite del territorio, determinando in modo definitivo l’assetto della parte del territorio presa in considerazione dal piano attuativo dello strumento urbanistico generale.
Alla scadenza del termine di efficacia, sopravvivono dunque
"la destinazione di zona, la destinazione ad uso pubblico di un bene privato, gli allineamenti, le prescrizioni di ordine generale e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio, trattandosi di misure che devono rimanere inalterate fino all’intervento di una nuova pianificazione, non essendo la stessa condizionata all’eventuale scadenza di vincoli espropriativi o di altra natura".
La durata dei piani attuativi e gli effetti della decadenza
Premessa l'assimilazione ai fini che interessano dei piani atuativi ai piani particolareggiati, va da sé che l'efficacia di questi è strettamente connessa al termine della sua vigenza indicato nella delibera di approvazione, che non può essere maggiore di 10 anni ai sensi dell'articolo 16, comma 5, della Legge n.1150/1942.
5. Con decreto di approvazione sono decise le operazioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni.
Decorso il termine decennale o quello, minore, contenuto nella delibera di approvazione e, conseguentemente, nella convenzione di lottizzazione, il piano diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, "rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso", come disposto dall'articolo 17, comma 3, della legge urbanistica.
Ritenendo che scopo della norma sia quello di evitare la paralisi dell’assetto urbanistico del comparto, la giurisprudenza si è orientata nel ritenere che l’intervenuta decadenza del piano per il decorso del termine non determini automaticamente l’inedificabilità delle aree e il blocco di ogni attività, ma che sia piuttosto consentito il completamento delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e l’edificazione, in conformità alle prescrizioni urbanistiche di zona nelle aree già lottizzate e dotate delle opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 14/04/2020 n. 2390).
L'art. 17 della Legge n. 1150/1942 viene quindi letto nel senso che:
- nella parte in cui è rimasto inattuato, non possono più eseguirsi gli espropri preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, né si può procedere all'edificazione residenziale, ma sopravvive la destinazione di zona (Cons. Stato, 15/05/2018, n. 3002; id. 26/08/2014, n. 4278),
- dove invece il piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, l'edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell'edificato esistente e in base alle norme del piano attuativo scaduto (Cons. di Stato, Sez. IV, 10/08/2011, n. 4763).
Sarebbe d'altro canto contraddittorio ritenere che l'amministrazione possa esigere delle prestazioni finalizzate alla realizzazione di un disegno urbanistico degradato a zona bianca, vero che le obbligazioni derivanti dalle convenzioni urbanistiche relative - di natura reale (Cons. Stato, Sez. II, 6 23/09/2019) - continuano ad essere esigibili da parte dell'amministrazione locale nel successivo termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 06/11/2013, n.2428).